Omelia Don Carlo 11 febbraio 2020


Omelia 11 febbraio 2020

“Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra?”

Lo sconcerto di Salomone che ha appena inaugurato il grande tempio, lo ha pensato e costruito come dimora di Dio e si spaventa al solo pensiero che Dio, immenso – lui è religiosissimo –
possa abitare in quel tempio. E grida, quasi spaventato: “Non ti contiene il cielo, tanto meno questa casa fatta da me!”
Eppure, sente lo struggimento per il desiderio di abitare, lui, vicino a Dio, nella casa dove abita Dio. È impensabile la vita – per Salomone – senza Dio vicino, Dio familiare.

E lo grida anche il Salmo composto da suo padre, Davide, che abbiamo appena letto: “L’anima” – il cuore, la carne – “anela gli atri del Dio vivente”.
Questo dramma di Salomone e di suo padre Davide – che nonostante la loro immoralità, avevano una religiosità radicale – è il dramma della lacerazione che ogni cuore umano, veramente religioso, sente. È la cosa più desiderata, per un uomo religioso, consapevole, abitare con Dio, vicino a Dio e, insieme – dice Salomone – è la cosa più impossibile, è impensabile.

Come può un uomo inseguire un desiderio impossibile? Ma è vero anche il contrario: come può un uomo rinunciare a questo desiderio? Sarebbe un odio a se stesso.
Non conosco un grande genio dell’umano, un grande artista, letterato, poeta, uno scienziato grande, che non abbia sentito dentro questa lacerazione drammatica: tutti l’hanno sentita e, poco o tanto, l’hanno dovuta ridurre per rendere la vita sopportabile. E il genio dei geni dell’umano – Gesù – questa lacerazione l’ha sentita più di tutti, ma è l’Unico che non l’ha nè eliminata, nè ridotta: l’ha vissuta (e) la rende – per chi Lo segue – vivibile; anzi, ti dice che se la vivi con Lui, come la vive Lui, tu ti realizzi e diventi grande.
Chi raccoglie la sfida di Cristo sa che non c’è, nel mondo, una sfida più intrigante, più umana, per cui vale la pena spenderci tutta la vita.