Omelia Don Carlo 12 marzo 2020


Omelia, 12 marzo 2020
“Maledetto l’uomo che confida nell’uomo”. Ma non è maledetto da Dio. Dio non maledice nessuno: è Padre. Da dove viene la maledizione? Dal fatto che l’uomo confida nell’uomo, si aspetta la felicità da una creatura, cui chiede ciò che solo Dio può dargli. Quella creatura diventa per lui un idolo: che lo delude prima o poi. La maledizione non viene da Dio, ma viene dalla meschinità del nostro desiderio: non perché desideriamo troppo, ma perché desideriamo troppo poco. Chiediamo solo le cose che una creatura ci può dare, ci fissiamo su quelle. Così non vediamo più la realtà intera, dove c’è tanto di più: c’è un male più grande di ciò che noi temiamo, c’è un bene più grande di ciò che noi desideriamo. La realtà è una foresta di segni contraddittori. E in questa foresta ci sono, da duemila anni, i segni di una vita nuova, che irrompe nel mondo dalla resurrezione di Cristo: la nostra storia è piena dei segni della vittoria di Cristo risorto, la storia del mondo non sarebbe quella che è se noi togliessimo i frutti della resurrezione di Cristo. Ma noi non vediamo questi segni se siamo fissati solo sulle nostre meschine attese. Diventiamo, dice acutamente il salmo ”come un tamerisco nella steppa: non vedrà venire il bene”. Il bene nel mondo c’è, ma il meschino non lo vede perché è come il tamerisco: un albero della steppa, con foglie aghiformi, con una minima superficie di esposizione, per non inaridirsi al sole. Ma così non si espone neanche all’umidità: resta una pianta striminzita, rachitica. Così il cuore del meschino è striminzito: per non esporsi alle delusioni non si espone più alla speranza: non vede più i segni dell’eterno dentro il tempo. I nemici di Cristo non sono i grandi peccatori, ma i meschini: quelli che hanno desideri piccoli, così piccoli da poterli affidare ad un uomo.