Omelia Don Carlo 13 gennaio 2020
Omelia 13 gennaio 2020
“Subito lasciarono reti, padre, madre e Lo seguirono”.
Per una promessa precisa: “Vi farò pescatori di uomini”.
Gesù li affascina perché svela il segreto che cattura il cuore degli uomini. Perché cattura il mio, innanzitutto. Mi svela che cosa io desidero quando desidero; e cosa mi manca quando piango, per che cosa piango. Quindi svela ciò che mi unisce a tutti gli uomini. Cristo mi ha svelato il segreto che mi permette di incontrare tutti gli uomini, anche i più lontani, i più estranei, quello che in quel momento mi ferisce per la sua durezza di cuore, per la sua insensibilità, ottusità – quante volte succede!
Anche quello non mi è estraneo! Io capisco che cosa gli manca, cosa non gli ha plasmato il cuore.
Quando sono cosciente di questo io sono sempre a casa mia, anche quando apparentemente sono solo, desolato, ferito. Li guardo e li capisco, so cosa manca loro. Questo è il dono di cui sono più grato a Cristo. Perché per me, i primi tempi, l’incontro con Cristo era l’incontro del passato, di tanti anni fa, era diventato un quadro, era emblematico. Adesso, il primo incontro è soltanto il metodo dei mille incontri quotidiani, è il metodo di vita che rende la vita un’avventura.
Ma la condizione di oggi, perché oggi sia una avventura è sempre la prima. È di lasciare oggi, reti, barche, padri, affetti con lo slancio di libertà pura del primo (incontro). Perché se io non lascio di nuovo tutto, anche tutto ciò che Cristo mi ha regalato fino ad ora, se non glielo metto di nuovo a disposizione l’avventura finisce. Perché? Perché non rischi più la vita, perché la vita – questo è il suo mistero – come dice mi pare il Concilio di Trento, è “numquam appropriabilis”, non la riscatti mai, non è mai completamente tua, non è che ho finito il mutuo e adesso ce l’ho! No, ma manca sempre. “Vida” – si dice in castigliano – “es para darla non para tenerla”. Appena la tieni, l’hai già persa.