Omelia Don Carlo 17 dicembre 2019
Omelia 17 dicembre 2019
“Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo”.
Dio entra nel mondo per rispondere al grido che brucia nel cuore di ogni uomo, che Lo attenda consapevole o no. Ma ci entra attraverso una genealogia, cioè una generazione biologica, storica e ha una natura come la nostra, ma Lui è irriducibile alla nostra natura. Tu guardi il Suo volto umano che vibra di qualcosa di sovrumano; ti guarda in faccia Lui, ma tu ti senti guardato da Dio; sei davanti a Lui ma sei davanti a Dio. Come accade in una comunità cristiana consapevole, dopo duemila anni, non “come” accadeva allora, ma “ciò” che accadde davanti a Gesù.
L’esperienza cristiana è questa: essere davanti a Dio mentre sei davanti ad un segno nel presente. Vederlo dentro un segno.
Ma che cuore ci vuole per veder questo, per fare questa esperienza?
Perché il fatto c’è per tutti, ma non tutti, anzi la maggior parte dei cristiani, non fanno questa esperienza. Il cristianesimo è diventata una religione come le altre: la fede in un Dio lontano.
Che cuore ci vuole per fare i cercatori di oro?
Ci vuole un cuore che scruta tutte le zolle di sabbia e di fango, perché ognuna può portare la pepita, ognuna è preziosa. Il cercatore d’oro che ha questo cuore, se la rintraccia la vede. Chi invece non cerca l’oro – ciò che è più prezioso della vita, che è il divino – si accontenta delle briciole della vita, e se la pepita c’è non la vede perché non la sta cercando, non ha la capacità di intercettarla, non ne ha il desiderio. Ma non vede bene neanche tutta la sabbia che c’è, perché tante cose per lui non son preziose, non contengono nulla, non vede nel cuore tutta la bellezza delle cose. È per questo che uno diventa nichilista.
Invece Francesco d’Assisi che aveva questo cuore, per lui era tutto prezioso fino all’ultima palata di fango. Alla fine della vita dice dopo un percorso di ricerca: “Tutte le creature lodan Dio!”, per cui, poco o tanto, sono tutte dorate.