Omelia Don Carlo 19 dicembre 2019
Omelia 19 dicembre 2019
“Si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini”.
Elisabetta si vergogna perché è sterile, un’ebrea sterile non può generare il popolo e il Messia. E la sterilità la devasta come devasta ogni donna, anche non ebrea.
Quante volte ho sentito l’amarezza, avvelenata dall’invidia, di donne sterili: inconsolabili perché, giustamente, si sentono incompiute e fallite, perché noi siamo fatti per generare e una donna lo sente di più nel corpo. Noi siamo immagine di un Dio che è Creatore e Padre e ci realizziamo se creiamo e generiamo, se imitiamo Dio.
Il problema non è questo, non è sentire questo dolore amaro, inconsolabile; il problema è qual è la vera generazione. Se è quella biologica, auguri ai figli che nascono avendo come scopo (quello) di realizzare i genitori, saranno distrutti dal senso di colpa, dall’ansia di una prestazione che sarà impossibile. Come fa un figlio ad essere la realizzazione dei genitori?
Sarà sempre la delusione dei genitori perché la vera generazione non è generare delle creature, ma è generare il Creatore: per questo noi siamo al mondo, come Maria!
Il più grande dogma, il più esaltante che la Chiesa abbia proclamato, ad Efeso, è la Θεοτόκος (Theotókos), Maria madre di Dio: non genera una creatura, genera il Creatore. Questa è la nostra grandezza dentro il mondo. Fa rabbrividire, fa bestemmiare i grandi monoteisti.
Questo è il cristianesimo: se tu generi solo figli biologici e non generi mai dei figli di Dio, cioè Dio negli uomini, non ti sentirai mai veramente padre e mai veramente madre.
I genitori sono normalmente delusi, a volte drammaticamente, poi quando i figli fanno la loro strada c’hanno il complesso psicoanalitico del nido vuoto; non è che si consolano a fare i nonni e ad andare in giro con il passeggino, ci vuol altro!
Non tutti possono fare dei figli biologicamente – la natura è imperfetta, a volte le condizioni, di vario tipo, ce lo possono impedire – ma l’annuncio cristiano è che tutti possono accogliere la vita eterna e rigenerarla nella propria umanità e in quella degli altri e possono donarla a tutti.
Chi incontra Cristo risorto non si sente mai maledetto se ha coscienza di quello che ha incontrato, se ha coscienza che lui ha il compito più grande. Questa è la sfida di Cristo, è un’altra cosa, è un altro livello: l’unico che fa respirare chi ha l’ansia della propria realizzazione umana e della propria grandezza.