Omelia Don Carlo 20 febbraio 2020
Omelia 20 febbraio 2020
“Diceva loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto”.
E perché soffrire molto? Ma perché tutti gli uomini soffrono, poco o tanto!
Primo, perché è la natura nostra che ci fa soffrire, perché – come dice Leopardi – è “matrigna”: non mantiene le promesse, ci tradisce. La natura non è una persona, (è) un sistema di forze cieche e sorde, che non ascolta il grido doloroso del nostro cuore. La natura è temibile, i pagani la temono oppure la adorano. Gli scienziati moderni la studiano per dominarla, per obbedire al primo comando del Creatore: “Crescete e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela”.
Ma c’è anche tanto dolore che noi patiamo, non per la natura umana, ma per la storia, per la libertà degli uomini che possono fare tanto male, oltre che tanto bene. E Dio cosa c’entra con tutto il dolore della natura? Per gli atei non c’entra nulla perché non c’è; per le religioni tutto vien da Dio e anche il dolore vien da Dio, anche il male vien da Dio. A me questo solo pensiero mi ha sempre angosciato: il solo pensiero che il dolore venga da Dio è sempre stato un incubo terribile, mi fa scoppiar la testa, non sono mai riuscito a pensarlo.
E per Gesù – l’unico Dio che io conosca è Gesù – che cos’è il male, (che cos’è) il dolore? Lui dice che deve soffrire molto, Lui non lo evita, non lo scarica, ma lo vive tutto.
Ma questo – che Gesù il dolore lo porti, lo viva e non lo fugga – cosa cambia? Che novità porta? Che novità c’è dentro l’esperienza dolorosa di Gesù?
La mia fede deve saper rispondere a questo, sennò è una fede vana, una fede disumana. Non potrebbe essere la mia fede se dentro il dolore di Gesù non ci fosse la risposta al dolore stesso. Ma la fede è una questione non collettiva, ma personale: e la tua fede cosa risponde? Che novità c’è nell’esperienza dolorosa? Che luce c’è, che traccia di vittoria c’è sul dolore?