Omelia Don Carlo 3 novembre 2019
Omelia 03 novembre 2019
“Tu ami tutte le cose esistenti, non provi disgusto per nessuna”, annuncia il Libro della Sapienza.
La consapevolezza della fede ebraica è tutta in questo sguardo totalmente positivo sulla realtà. Paolo la sintetizzerà nella Lettera agli Efesini, capitolo V: “Omnis creatura bona”. Tutto ciò che c‘è è Bene, tutto è per voi.
“Laudato si’ cum tucte le creature” dirà dopo tredici secoli Francesco. La vita ci è data esattamente per conoscere, amare e godere di tutte le creature.
Non ho conosciuto nessuna cultura (così), antica o moderna – in Occidente o in Oriente, a nord o nel sud del mondo – uno sguardo così positivo. Per tutti c‘è sempre il bene e il male, c‘è il sacro e il profano; non il bene e male morale – quello è ovvio che c‘è – ma quello ontologico!
Ci sono degli essere buoni e degli esseri impuri. No! Nelle culture del mondo, tutte, c‘è sempre tanto da condannare e da scartare: c‘è il fedele e l’infedele, l’amico e il nemico. Tu devi sempre scegliere. Il massimo, per la cultura moderna, è la libertà di scelta. Ma scegliere, “eligere” in latino, εκλέγει in greco, vuol dire spizzicare, estrarre un particolare dal mucchio, ma io sono fatto per tutto, non per un particolare. Ogni scelta non è mai un atto di libertà piena, è un atto lacerante che mi disintegra. Scelgo perché devo scegliere, ma se potessi io abbraccerei – come dice il Miguel Mañara nel primo brindisi del primo quadro “le infinite possibilità”.
Se devo scegliere, non sono mai integro, sono sempre diviso dentro, frammentato.
Allora, come posso avere uno sguardo positivo sulle cose, se le cose sono così tutte limitate, imperfette, incompiute, tutte così ferite dal male?
Il nostro corpo, che pure è un progetto fantastico, ha bisogno di tanti medici che lo curino perché è tutto ferito. La natura è tutta così, lo dice anche il Libro della Sapienza, la prima frase della Lettura di oggi dice: “Tutto il mondo è come un granello di polvere sulla bilancia, una stilla di rugiada”.
Quanto pesa un granello di polvere? Quanto pesa una goccia di rugiada? Una lacrima di rugiada quanto pesa? Quanto pesano le cose se le metto su un piatto della bilancia e nel contrappeso ci metto lo sconfinato peso del desiderio del mio cuore? Volan via tutte, volano via, non hanno peso! Mi deludono, non reggono il peso del mio desiderio. Perché nessuna cosa è amabile e godibile in se stessa, perché non corrisponde, non pesa quanto il cuore!
Quello che è amabile non sono le cose, ma i segni che le cose sono, il segno che la cosa porta in sé. Ogni cosa è amabile non in sé come “cosa”, ma come segno del Creatore delle cose, perché mi parla di Lui: allora sì che è amabile e godibile!
Come intuì Zaccheo tra le foglie del sicomoro, a Gerico e poi, dopo, a casa.
Lo deve esplicitare nel brindisi:
“Oggi in questa casa, per questa casa è venuta la Salvezza”: dice Gesù a Zaccheo, perché quel giorno, nello sguardo di Gesù, le cose che aveva sempre considerato come prede da possedere, da rubare anche agli altri – nello sguardo di Gesù, dal sicomoro fino al brindisi – non eran più cose ma erano segno del Creatore delle cose. E ne poteva dare metà ai poveri e andare a restituirle, non erano più un possesso, una preda, ἁρπαγμὸν (harpagmon). Dice Paolo ai Filippesi 2,6: “Gesù non considerò la Sua onnipotenza come un possesso geloso” – ἁρπαγμός (harpagmos) – “ma se ne svuotò”: Lui, che era ricco, si fece povero e le donò tutte a noi!
Questo a me accade quando intercetto, tra le fronde del mio sicomoro, lo sguardo di Gesù che mi chiama perché mi serve ogni giorno un sicomoro su cui arrampicarmi, un punto che mi esponga al Suo sguardo, che Lui mi possa intercettare, mi possa dire: “Scendi subito!”. Il sicomoro, il punto di esposizione, è quello che permette a Lui di incontrarci, di trasfigurarci lo sguardo. Ognuno di noi sa dove si va a nascondere con le foglie di fico come Adamo ed Eva e dove, invece, può esporsi allo sguardo di Gesù che trasfigura in un istante il mondo agli occhi del “mafioso” Zaccheo.
Cosa sarà accaduto dopo a Zaccheo? La Bibbia non dice nulla; poteva essere tornato a fare il “Totò Riina” come prima, ma in quell’istante vide il Vero e a quell’istante sarebbe potuto ritornare fino all’ultimo istante della vita. Una volta che l’hai visto, sai dove e come lo puoi rivedere.