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Omelia Don Carlo 19 settembre 2019

Omelia 19 settembre 2019

Le disse:”I tuoi peccati sono perdonati”.
Per un ebreo il male è il peccato. αμαρτία (amartía) vuol dire fallire il bersaglio, non far centro, fissarsi su un aspetto secondario, che non è essenziale. Vuol dire essere meschini nei desideri.
Per gli ebrei il peccato non è contro Dio, è contro di me.
Il male io lo faccio a me.
Io sono fatto per il tutto, per il bene totale; se mi fisso su un particolare sono io che ci perdo. È per questo che la coscienza del peccato genera un dolore sincero ed è solo questo dolore che ci libera.
Come nella donna del Vangelo che cominciò a bagnarGli i piedi di lacrime. Non sono lacrime di paura della punizione – lì non c’è nessuno che la vuol punire; sono lacrime di amore, ma a se stessa innanzitutto, perché prima di amare Dio (non Lo conosce ancora) lei ha cominciato a voler bene a se stessa, perché non è l’amore di Dio che le mancava – Dio l’ha sempre amata, era sua figlia, come fa Dio a non amare i suoi figli? – era il suo amore a se stessa che le mancava. Perché Dio mi salva se io voglio essere salvato, se io ho deciso di amare me stesso: allora, il mio amore può ospitare il Suo; altrimenti Dio non può niente.

Diceva Agostino – che ne sapeva qualcosa del peccato – ”Qui creavit te sine te, non salvabit te sine te”: Chi ti ha creato senza di te, non ti può salvare senza che tu vuoi bene a te. Per questo il senso del peccato non è nè una patologia – il famoso senso di colpa della psicoanalisi che è una patologia, ma non è questo – nè un problema per persone religiose o pie che non hanno altro da pensare che a battersi il petto.
Il senso del peccato – questo senso del peccato – è il problema di un uomo che voglia essere un uomo pienamente umano.

Omelia Don Carlo 15 settembre 2019

Omelia 15 settembre 2019

“Si sono fatti un vitello di metallo fuso e si sono prostrati davanti”.

Cioè si sono fatti un idolo. Perché l’idolo è la tentazione di ogni uomo. Per la Bibbia non c’è l’ateo, c’è il vero credente o l’idolatra, il falso credente. Chi adora il vero Dio e chi adora un idolo, cioè un Dio tarocco. E tutto possiamo far diventare idolo, anche le cose più sacre. Anzi, più sono sacre, più hanno la bellezza del divino, e più tu sei tentato di adorarle. Pensate il linguaggio degli amanti: “ti adoro”, “sei tutto”, “per sempre”, i baci Perugina… È un linguaggio religiosissimo. Uno può adorare il potere, la carriera, uno può anche finire in Vaticano e adorare la sua sedia in Vaticano come dice il Papa. Uno può incontrare una bellissima amicizia e adorar quella, e trattarla come se fosse Dio. Pensate cosa è diventato in un istante Gesù risorto per Maddalena, che gli salta addosso con quell’abbraciatona, e lui le deve dire noli me tangere, non mi trattenere, non sono ancora giunto al Padre, stai facendo di me un idolo, mi tratti come se io fossi tutto. No, tutto è il Padre, non sono io. In quell’istante Maddalena fa dell’abbraccio a Gesù un idolo.

Come si fa a smascherare l’idolo? Il Dio vero dal Dio tarocco? Dice Paolo al suo giovane amico, che lui chiama figlio, Timoteo:
“La grazia del Signore ha sovrabbondato in me, per questo io adoro il vero Dio.”

La prova che tu adori Dio, quello vero, e non un idolo, è che la sua grazia sovrabbonda, è una sovrabbondanza di vita che ti trovi addosso. Dio ti sorprende con una vita sovrabbondante. Ti dà di più rispetto alle tue attese, mentre l’idolo ti dà di meno, ti delude sempre. Di fronte all’idolo tu sei scontento, mai soddisfatto. Se adori Dio, sei grato, hai più di quel…ti vien voglia di dare, non ti lamenti più.E quindi sei libero, perché nessuno ti può ricattare. Hai di più di quello che ti aspettavi! Se invece adori un idolo, sei scontento e non sei libero, sei ricattabile. Perché l’idolo non lo possiedi, lo puoi perdere, te lo possono togliere. E chi ha il potere di togliere il tuo idolo ti tiene sotto, ti ricatta, ti fa schiavo, e tu sei sotto. Quando, appunto, ti senti sotto, quando non sei libero, non è colpa degli altri che ti tolgono la libertà. Gli altri ti possono togliere il tuo idolo, sì, ma non la libertà perché tu adori un idolo. Se tu adori Dio, nessuno ti ricatta, perché Dio non lo perdi. Dio è tuo per sempre. Chi adora un idolo, è convinto che è mio ciò che io possiedo… Ma sei scemo? Io non possiedo nulla, non possiedo neanche me stesso… Non è mio ciò che io possiedo, è mio Colui che mi possiede, Colui che mi fa, mi fa vivere in questo istante. Il mio creatore, chi mi è padre in questo istante. Ma posso mai pensare di poterlo perdere? Che lui mi possa abbandonare? È questa coscienza che ci fa grati, generosi e liberi.

Omelia Don Carlo 13 settembre 2019

*Omelia 13 Settembre 2019*

“Prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento” dice Paolo.

Ma adesso sono cambiato, mi son convertito. E anche tu puoi cambiare, non sei destinato a restar sempre così. Ma cambiar cosa? Cosa posso cambiare io?
I sentimenti no: quelli sono oggettivi, sono reazioni meccaniche a ciò che mi colpisce, non decido io cosa sentire o cosa non sentire.
Comportamenti? È dura; ci sono abitudini che non basta la vita per correggerle. C’è una cosa sola che un uomo può cambiare della sua vita: lo scopo, il punto a cui guarda, il punto da cui si aspetta la felicità. Io posso decidere, ogni istante, a che cosa o a chi guardare. A cosa o a chi domandare la mia felicità. E lo scopo che io scelgo è quello che decide la mia faccia. Come dice Wojtyła – il titolo del Meeting – “Il tuo volto nacque da ciò che fissavi”. La mia faccia viene illuminata da ciò che io fisso.

E come faccio a sapere se ho scelto uno scopo giusto o no? Se mi sono convertito o “pervertito”? Chi me lo dice? Perché tutti gli uomini lo scopo ce l’hanno. Come fai a dire che è quello giusto? Che la tua è conversione o perversione? Come lo fai a sapere quando sali sulla montagna, se hai preso il sentiero giusto o no?
Te lo dice il panorama: se si allarga, si illumina, sempre più cose vengono abbracciate, è quello giusto; se il panorama si restringe, hai sbagliato, devi riconvertirti.
Ecco: la mia faccia che s’allarga, che si illumina, che è sempre più chiara, più amorevole, più capace di abbraccio, più grata, mi dice che mi sono convertito, che lo scopo è giusto. Se la faccia si restringe, si confonde, si incattivisce, diventa lamentosa, vuol dire che devo cambiare strada, perché la faccia non bara. Ognuno c’ha la sua e gliela vedono tutti.

Omelia Don Carlo 11 settembre 2019

Omelia 11 settembre 2019

“Se siete risorti in Cristo”.

Questa è la coscienza di Paolo: io sono un uomo risorto. Macché non sei manco morto! Che cosa irrompe nella vita di Saulo a Damasco?
Una vita nuova che erompe dal sepolcro di Gesù crocifisso. Ed io come Paolo voglio capire che vita è, che frutti porta nella mia vita naturale. Perché voglio li porti questi frutti, che mi cambi. Perché questa è la ragione per cui mi è stata data.
Io non voglio che la morte di Cristo e la sua resurrezione siano vane per me. Il peccato più grave di un cristiano è proprio questo: il cristiano è scelto per mostrare al mondo la novità di Cristo. Il peccato più grave del cristiano è render vana la morte e la resurrezione di Cristo. Cioè vivere ignorando la novità che Cristo porta. Ogni peccato è rimediabile, questo no. L’ignoranza di Cristo non è rimediabile, perdonabile sì, rimediabile no. Se hai sprecato la vita a rincorrere altre cose, ti ci vorrebbe una vita di riserva per prendere coscienza di Cristo. Ma di riserve della vita non ce n’è, non ce l’abbiamo: abbiamo solo questa. E dopo l’incontro fatto dobbiamo decidere se spenderla come dice Paolo – a cercare le cose di lassù, la grandezza che era laggiù ed è venuta quaggiú o continuare a strisciare nella polvere come tutti, che hanno soltanto le cose di quaggiù.

Omelia Don Carlo 10 settembre 2019

Omelia 10 settembre 2019

“Passò tutta la notte pregando Dio”.

Perché aveva passato tutti i giorni pregando Dio. Per Gesù vivere coincide con il pregare, Lui guarda le cose e sono creature di Dio, finestre sul volto di Dio, lo mettono in rapporto con Dio.

E dice: “Abbà, sei Tu questo. Mi vieni incontro attraverso questa cosa, questa persona. Sei Tu che fai me e Io sono tuo Figlio preferito”.

Cosa cambia questo sguardo di Gesù sulle cose? Cosa fa al mattino?

Appena fu giorno, dice: “Chiamò i Suoi discepoli e ne scelse dodici come apostoli”. Cambiano due cose questo sguardo.

Verso le persone che già conosce: ne sceglie dodici. Tutti i volti per Lui sono finestre spalancate su Dio, ma non tutti i volti sono uguali, non tutti hanno la stessa coscienza. Ne preferisce dodici, quelli che più lo spalancano su Dio, che più gli danno questo sguardo su Dio, che lo fa sentire più Figlio di Dio, il Figlio prediletto, preferito, che lo riempie di entusiasmo. Secondo, gli cambia lo sguardo sulle cose. Come diceva il Salmo: “La Sua tenerezza si espande su tutte le creature”. Prova tenerezza verso tutte le creature. Questo sguardo gli toglie il veleno da dentro, quell’incattivimento, quell’indurimento, quella durezza, quell’astio, quella cosa che ferisce. “Prova tenerezza per tutte le creature”, verso le cose, verso le persone. E questa tenerezza infiammerà talmente il cuore Suo e talmente quello dei dodici a cui ha dato il nome di apostoli.

ἀποστέλλω (apostello) vuol dire inviato a, inviato al mondo. I suoi preferiti non erano gente che tendeva a stare con Lui, ma che tendeva andare. Infatti andarono in tutto il mondo e avevano addosso questo fuoco, questa capacità di preferire, questo sguardo e questa tenerezza che sono arrivati giù nella pianura piena di gente e questa gente è stata contagiata da questo fuoco, da questo sguardo, fino a noi questa mattina.

Che cosa mai altro ci ha portato qui se non quello sguardo che per Gesù è pregare? La preghiera non è mica “Ave Maria” “Santa Maria” è guardare con questa coscienza. Quando ci viene meno l’entusiasmo, quando il cuore perde la tenerezza, quando un volto è uguale ad un altro e non sappiamo neppure più qual è il nostro, è perché abbiamo perso questo sguardo.