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Omelia Don Carlo 2 ottobre 2019
*Omelia 02 ottobre 2019*
“I loro angeli vedono sempre la faccia del Padre”.
È la festa, oggi, degli Angeli Custodi. Ma chi sono questi angeli? La Bibbia non dà mai una definizione ontologica, ma solo funzionale: non dice cosa sono, come sono fatti, ma cosa fanno. ἄγγελος vuol dire messaggero di Dio. È chi ti mette davanti alla bellezza di Dio, la bellezza che ti schianta. Diceva Rilke: “Ein jeder Engel ist schrecklich”, ogni angelo è tremendo; mi mette davanti alla bellezza di Dio che mi schianta, che mi domina. Quindi, angelo è chiunque riconosce Dio, ha coscienza di Dio e ama Dio. Non sono esseri spirituali, come pensa un certo platonismo. Gli angeli che ho incontrato io sono molto carnali, ma sono radicali nella coscienza e nello sguardo, cioè gente che va alla radice delle cose e alla radice di ogni cosa c’è l’io. Tu lo guardi e vedi Dio. Quindi l’angelo è chi non è superficiale, chi è radicale: quello ti mette davanti alla bellezza di Dio. Guardi lui, ma devi rispondere a Dio.
E gli Angeli Custodi che festeggiamo oggi – custodi di cosa? – sono i custodi dello scopo. È chi ti ricorda e ti riporta sempre allo scopo, ti impedisce di distrarti su dei dettagli.
Ricordo un’intuizione fulminante: ero in Svizzera sul Julierpass, con la mia mamma Natalia, morta un anno fa, e lei per la prima volta vedeva che in Svizzera non mi perdevo perché avevo il TomTom. Allora vede come funziona e poi dice: “Osta che quèl che lè” (caspita quel coso lì!). È come la misericordia del Signore l’angelo custode, che non ti abbandona più neanche quando sbagli strada; ti riporta sempre a casa! Però gli devi sempre dire dove vuoi andare. Perché questo glielo devi dire tu, lui t’aiuta, ma questo glielo devi dire tu. Ti riporta a casa solo se una casa ce l’hai, se uno scopo ce l’hai, se gli dici cosa brucia il cuore. Sennò puoi avere l’angelo custode migliore del mondo, il navigatore stellare, migliore, del mondo, ma se tu non decidi la meta, lui ci mette tutto, ma il cuore deve essere il tuo.
Gli angeli custodi non ci sostituiscono, sono preziosi, perché è chiaro lo scopo dove vuoi andare, sennò sono inutili. Come diceva anche un precettore di Nerone, suicida, Seneca – che se avesse capito queste cose che ha detto forse non si sarebbe suicidato: “ _ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est_”, se sei ignorante del tuo porto, non sai dove devi andare, nessun vento è propizio.
Ma se tu sai lo scopo, se sai la meta, navighi anche in bolina, col vento contrario.
Omelia Don Carlo 1 ottobre 2019
Omelia 01 ottobre 2019
“In quel giorno dieci uomini afferreranno per il lembo del mantello un Giudeo e gli diranno: «Vogliamo venire con voi».”
L’intuizione potente del profeta Zaccaria. Cosa mai si porta addosso un Giudeo che dieci uomini di diverse lingue gli prendono il mantello. Cos’ha addosso un Giudeo? Cosa porta la fede giudaica nella vita di un uomo?
Che cosa porta la fede di Gesù nella sua vita. Quando è in Samaria e dice: “Prese la ferma decisione” . πρόσωπον ἐστήρισεν (prosopopon estèrisen) si dice in greco, indurì la faccia, prese un tono perentorio perché ormai era davanti a Dio.
E a Dio si dice un sì totale o un no totale. Ecco cos’è la fede giudaica e cos’è la fede cristiana. Non è fede nell’esistenza di Dio, chissà dove, è fede nella presenza. Se Dio ce l’hai nella vita. Sono finite le sfumature, sono finiti i mezzi e mezzi. C’è solo posto per un sì totale e per un no totale. C’è solo posto per gli uomini che sono disposti al totale. Ecco che cosa fa la presenza di Dio, promessa agli Ebrei, iniziata negli Ebrei e realizzata pienamente con Gesù: costringe gli uomini al totale. Non hanno più sfumature o interpretazioni, o sì o no.
A mettere tutto il cuore in un sì o tutto il cuore in un no. Cioè a manifestare quello che hanno dentro, ad essere liberi, a fare il gesto che è degno di un uomo che è il gesto della libertà. Ma l’uomo è libero soltanto se è totale, se mette tutto se stesso in quello che fa. Può essere giusto, può essere sbagliato, già gli istanti seguenti gli diranno se era giusto o era sbagliato. Ma se l’uomo si muove tutto frenato, si muove tutto un mezzo e mezzo non capirà mai se quella è la strada giusta o se questa è sbagliata. Gesù non ha il potere di convertire gli uomini, ma ha potere di sfidarli a schierarsi, a dire chi sono e chi vogliono essere.
Omelia Don Carlo 29 settembre 2019
Omelia 29 settembre
“Guai agli spensierati di Sion” dice il profeta Amos.
Guai agli spensierati, perché il mondo dice il contrario: “Beati gli spensierati”, quelli che non pensano ai problemi della vita, quelli che si distraggono, che riescono ad evadere, che hanno modo di evadere. La gioia più bella per la cultura del mondo è la spensieratezza, perché se non ci pensi è evidente che i problemi diminuiscono. Certo! Ma anche l’intensità del vivere diminuisce.
Il cristiano è un uomo che, invece, alla vita ci vuol pensare, che ritiene che il pensiero sia la capacità più grande dell’uomo, che la ragione debba essere usata e non “offerta in olocausto”. Perché il credente c’ha una vita bella e lo spensierato ce l’ha brutta. È per quello che non ci vuol pensare. Il cristiano, invece, ci vuol pensare perché ha una vita bella, come la vita di Paolo e del suo amico Timoteo, a cui dice ormai alla fine della vita: “Combatti la buona battaglia della fede”.
La vita di Paolo e di Timoteo, e la mia, è una vita perché è una “buona battaglia”.
La fede è bella perché è una buona battaglia, cioè una battaglia non contro qualcuno; il “contro” ti incattivisce sempre – dubitate sempre di chi ha sempre una nemico da combattere, vuol dire che non è certo di chi è e si definisce con “l’esser contro”.
La buona battaglia è la “battaglia per” uno scopo grande e bello, che rende tutta la vita interessante, così bella che tu ci vuoi pensare sempre; alla cosa più bella che hai ci vorresti pensar sempre, vorresti spendere la vita per andarci in fondo. Non ne vuoi più evadere.
E scopri, almeno io da quando ho incontrato Cristo, mai ho più avuto il problema della noia, dei passatempi, di far passare il tempo, ho il terrore che passi; lo voglio vivere tutto! So sempre, non cosa fare, ma per che cosa fare quello che c’è da fare o che mi tocca fare. È lo scopo che riempie la vita, non i passatempi. La vita non si riempie di cose, la riempie solo la scopo che hai.
Se è piccolo, la riempie poco e ce n’è tanta, per cui devi evadere. Se lo scopo è totale lo capisci dal fatto che la riempie tutta, che non hai più bisogno di sognare un’altra vita. Perché la vita – per quanto drammatica – è bellissima, perché c’è! I sogni e le evasioni, per quanto piacevoli, sono terribili perché non esistono. E allora c’è una cosa più bella che essere spensierati: è essere pensosi, pensanti.
Che cosa c’è di più bello della spensieratezza? C’è il silenzio.
La cosa più sconosciuta e tremenda per l’uomo vuoto, per l’uomo nichilista. Quando hai una cosa bella che riempie tutta la vita vorresti star lì e non puoi fare altro che approfondirla istante dopo istante.
Come disse l’eremita Laurentius, scoperto in un bosco dai soldati di Carlo Magno – che gli dissero: “Che fai lì? Perdi tempo a far che? Vieni con noi a convertire l’Europa, ti diamo la spada e vieni con noi” – e lui raccontò la sua vita e disse che dal giorno in cui aveva incontrato Cristo “la mia (sua) vita si è riempita di silenzio” e non ha più parlato.
Omelia Don Carlo 27 settembre 2019
Omelia 27 settembre 2019
“Tu sei il Cristo. Ordinò severamente di non dirlo a nessuno.”
Per Gesù non conta “dire che lui è il Cristo”, conta “esserlo”: a volte dirlo non è proprio utile. E Lui lo è ogni istante dei suoi 33 anni.
È il verbo fatto carne, dice la fede, cioè il divino che vibra nella carne dell’umano. Tu vedi un uomo, senti un uomo e vedi, senti, abbracci il divino.
E questo non lo spieghi! Queste parole non puoi farle capire: chi capisce? Puoi solo farle vedere, nella tua vita cambiata, se l’ha cambiata, perché la vita un uomo integro ce l’ha in faccia, un uomo ipocrita no. Se un uomo ha coscienza di sé, tu la sua vita gliela vedi in faccia.
Questo è il cristianesimo: è una fede – come dice questo salmo – che ti cambia la faccia: “Spero in Dio, salvezza del mio volto e mio Dio”.
Il mio Dio mi salva il volto, mi dà il volto, mi fa fiorire il volto. La fede cristiana è una fede che salva il volto dell’uomo, lo fa fiorire. E com’è il volto di un uomo di fede? Com’è il volto di Gesù? Cosa si vede nella sua faccia?
“Il figlio dell’uomo” – cioè Dio – “deve soffrire molto, venire ucciso e risorgere il terzo giorno.”
In faccia si vede quello che ha in cuore: ha la faccia più dolorosa e drammatica e la faccia più vittoriosa ed esaltante. Queste due facce nell’uomo non sono mai compresenti: o piange o ride. L’uomo è sempre dissociato, vive sempre a metà, non è mai tutto intero, non può abbracciare tutta la vita, è come il primo computer famoso, il famoso Commodore 64, che aveva poca RAM, aveva 64, quindi ci stavano solo 3 file, 1 o 2 pdf, non ci stava mai tutto, si bloccava di continuo.
Ecco l’uomo naturale è così, è un uomo sempre mutilato, ha, come il mio povero occhio sinistro, un campo ridotto: mi devo spostare per trovare il fuoco!
Ecco, l’uomo naturale ha un campo ridotto! Ha poca RAM, non ci sta mai tutto dentro, ha sempre delle false contrapposizioni!
Invece Gesù no, è un uomo intero, integro, come dice il Salmo 12: Dio cominciò a guardare la terra, a guardare i figli degli uomini e dice “τοῦ ἰδεῖν εἰ ἔστιν συνίων”, se ce ne fosse uno tutto intero, tutto integrato!
Noi cristiani non siamo uomini più bravi degli altri, ma siamo chiamati ad essere veri, cioè ad essere interi, ad abbracciare, a capire e ad abbracciare l’umano intero, come dice, in una commedia Terenzio, nel “Heautontimorumenos”. “L’uomo che si fa del male da sé” è un pettegolo che, quando lo rimproverano perché è un ficcanaso, sempre negli affari degli altri, risponde con una frase luminosa che descrive l’ideale dell’uomo cristiano: “homo sum nihil humani a me alienum puto”, io sono un uomo e niente di umano a me può essere estraneo!
Omelia Don Carlo 26 settembre 2019
Omelia 26 settembre 2019
“Chi è dunque Costui? E cercava di vederLo”.
Erode si agita, sente parlare di Gesù e Lo deve conoscere. Non è che lui Lo ami, ma Gesù lo interessa, ma non gli interessa in quanto re, ma in quanto uomo, perché Gesù sfida l’umanità di Erode, come quella di tutti, la mia.
Chi lo intercetta, anche genericamente, per sentito dire, come Erode, è sfidato. Si sente dire: “Che ne è della tua umanità?Sei al mondo per realizzare pienamente te stesso!”.
E cos’è che ti realizza?
Qui lo dice il Vangelo di Luca 9,25:
“τἰ ὠφελεῖται ἄνθρωπος” – che cosa serve all’uomo – “κερδήσας τὸν κόσμον ὅλον” – se si accaparra tutto il mondo e poi “ἑαυτὸν”: perde se stesso; “ἀπολέσας”: ci perde.
Tu – dice questa sfida – tu vali più del mondo. E uno che lo sente dire sussulta, dice è vero, hai ragione, è vero! Io valgo più del mondo. Ma Erode capisce che non vale di più perché lui è il re, ma come uomo, vale più essere uomo che essere re. E queste cose lo inquietano e continuerà a cercare di interessarsene tutta la vita. E lo farà sapere in giro e lo dirà al suo amico-nemico Ponzio Pilato, il quale glieLo manda, dopo averLo fatto flagellare; glieLo manda e, durante il processo, Erode resterà deluso perché Gesù non risponde alle sue fuorvianti domande. Tace.
E glieLo rimanda indietro, deluso.
Lì Lo conoscerà direttamente, ma non Lo riconoscerà.
Cos’è che impedisce ad Erode di riconoscere Gesù, di credere in Lui?
Cos’è che in me a volte me lo impedisce? Cosa resiste in me a riconoscere Cristo?
Niente e nessuno me lo può impedire, se non una cosa sola: il mio disinteresse a me stesso, perché se io odio Cristo è perché prima odio me stesso perché Cristo entra con questa pretesa. È terribile – ma lo tocco con mano più passa il tempo – che un uomo possa odiare se stesso, non perché è autolesionista o si suicida, ma perché riduce se stesso: si fissa su dei particolari o si ossessiona su quelli e si lamenta quando non li ottiene. Uno così non ha slancio, non ha tono, ai miei occhi perde appeal, non mi attira perché è lui stesso che non è attirato da se stesso. Questo è il potere tremendo della libertà, perché il mondo lo capisce solo chi mette al centro e a fuoco la libertà; chi ci mette altro, avrà sempre da ridire, ma non capisce proprio, è sempre spiazzato, come il portiere fuori dai pali.