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Omelia Don Carlo 18 novembre 2019
Omelia 18 novembre 2019
“Cosa vuoi che io faccia per te?”
È la sfida di Gesù a questo cieco di Gerico. Me lo devi chiedere!
Niente diventa veramente tuo, niente ti cambia veramente la vita se non c’è la tua libertà. Io non ti tratto come un robot che si carica, tu sei un uomo!
Quindi: “Tu da me che cosa vuoi?” E lui d’impeto: “Che io veda di nuovo! A me basta la salute, non Ti chiedo altro.” “Ok, abbi la vista. Adesso hai la vista puoi andare”. Il guaio è che lui non se ne va.
Dice: “Ci vide di nuovo ma cominciò a seguirLo”.
Ma come? “Hai detto che ti basta la vista, l’hai avuta”.
Ha la vista, vede le cose, ma non se ne va. C’è qualcosa che lo trattiene, c’è qualcos’altro che lui sta vedendo. Lì cosa vede oltre le cose? Si ritrova uno sguardo più profondo, la vista gli fa vedere le cose, ma lui adesso vede dei segni, vede le cose “segnate”, ha uno sguardo più profondo, vede le cose, ma le cose, adesso, per lui, sono segno del Creatore delle cose.
Questo nuovo sguardo che riconosce le cose come segno si chiama fede. È quella che ti cambia: “La tua fede ti ha salvato”, già un attimo prima che tu riavessi la vista, perché la fede – ecco – ti ha liberato dalla cecità vera che non è il non vedere le cose, ma non vedere i segni che le cose sono. L’animale vive di cose, l’uomo vive di segni, respira solo se le cose sono segno.
Quando ci sentiamo soffocare è perché vediamo solo “cose”, la nostra è una fede cieca, riduce tutto a “cosa”, non coglie più il segno che ogni cosa è. È una fede magari che è appiccicata sopra, è una fede cieca, è incapace di bucare l’apparenza e tu non ci respiri.
Omelia Don Carlo 17 novembre 2019
Omelia 17 novembre 2019
“Vi perseguiteranno a causa del mio nome”.
Ma perché il mondo perseguita Cristo e i cristiani?
Che cos’ha di spaventoso Cristo nella Sua proposta?
Ma per me, quando io Gli resisto e Lo tradisco, perché lo faccio?
Cosa mi spinge a tenerLo lontano?
Perché all’apparenza Cristo è bellezza, eppure c’è una resistenza ad accoglierla totalmente, negli altri come in noi.
“Risollevatevi e alzate il capo”.
Qui c’è il segreto che ci fa resistere a Cristo, che può anche spingere a odiare Cristo e a perseguitarLo. Questo sgomenta di Cristo: “Risollevatevi”, cioè Cristo ti chiede di risollevarti – “Alzate la testa!” – di alzar la testa, di guardare in alto, di pensare in grande.
C’era un mito angosciante nell’antichità, un animale mitologico, angosciante, che chiamavano il κατά- βλέπων (kata-blepon).
Diceva Erodoto che lo avevano trovato – non si sa se è vero – là in Egitto, in Etiopia, che era una specie di elefante con la malformazione che aveva la testa in cima alla proboscide, invece che averla dove doveva stare e quindi aveva una testa enorme, la proboscide non lo sosteneva e, quindi, doveva strisciar la testa per terra e guardava sempre per terra.
Il κατά- βλέπων (kata-blepon) è il “guardante per terra”: un essere che non riesce mai ad alzare la testa. Avevano il terrore che all’uomo toccasse questa maledizione perché i Greci sentivano che l’uomo è fatto per il grido, per l’Iperuranio, diceva Platone.
Cristo viene e dice: “Esci dal carcere della piccolezza, della meschinità. Alza lo sguardo, alza la testa, non fare il κατά- βλέπων (kata-blepon)! Abbracciala tutta la realtà, desiderala tutta! Desidera la grandezza, sii audace nei tuoi desideri e sfida il mondo su questo”.
Qui viene la persecuzione, perché (Cristo) è il vero uomo che dice al mondo: “Alza la testa, alza la testa! Guarda la grandezza per cui sei fatto, desiderala!”.
Ma è proprio questa grandezza che spaventa il mondo davanti a Cristo, che spaventa noi, perché è troppo per noi. Certo, è mission impossibile a noi, da soli!
Ma chi l’ha detto che devi raggiungere la grandezza per cui sei fatto da solo, che ce la devi far da solo?!
“La grandezza” – questo annuncia Cristo – “non la devi realizzar da solo, è una grazia che Io son venuto a portarti. Segui Me, domanda Me e diventerai te, diventerai grande, diventerai ciò per cui sei fatto”.
Qui c’è la paura, a questo noi resistiamo: a domandare a Lui, perché domandare – de-mandare – vuol dire mettermi dalle mie mani nelle Tue. Vuol dire che non son più mio, che son Tuo, che non sono più padrone di me, che devo accettare che la mia felicità è in mano a un Altro; che io non son più padrone, che la felicità non nasce dal mio potere su di me, ma da un amore su di me. (La mia felicità) non dipende più dal potere, ma dall’amore.
Questa è la drammaticità dell’amore, la cosa più bella del mondo, la più suggestiva, che più ci prende è la cosa più drammatica, perché l’amore è esattamente quella cosa che dipende da un altro, che solo un altro ti può dare e tu glielo puoi solo domandare e gli puoi offrire il tuo. L’amore è la cosa più divina, ma è la cosa più drammatica. E ogni istante, quando noi abbiam paura, quando cadiamo, quando resistiamo a Cristo, ci sentiamo più del mondo che di Cristo, dobbiamo rispondere a questa domanda: “Ma che cos’è che ti fa veramente felice: il potere su di te o l’amore su di te?”
Omelia Don Carlo 15 novembre 2019
*Omelia 15 novembre 2019*
“Quella notte due saranno in un letto, uno verrà preso e l’altro lasciato”.
Davanti a Gesù il problema della vita diventa un problema personale, non di coppia, non di gruppo. Io sono chiamato, io rispondo. È una drammatica solitudine quella che tu sperimenti nell’incontro con Gesù. È una bellissima solitudine, è il momento in cui nessuno ti sostituisce e nessuno decide la tua felicità. Perché se la mia felicità la decidesse un altro, fosse anche Dio, non sarebbe la mia!
La mia felicità è mia se è un atto della mia libertà. Che non è la libertà di farmi felice da solo, ma di domandare a chi voglio e quanta ne voglio. Non c’è nessuno nella storia che io conosca che abbia esaltato tanto la libertà e l’audacia del singolo.
Mi viene in mente un passaggio di un romanzo di Dostoevskij che ho in mano in questi giorni in cui dice che il tormento degli uomini è che qualcuno creda insieme con loro le stesse cose in cui credono loro. Gli uomini sono terrorizzati di aver una fede non condivisa e sono disposti a rinunciare a tutto pur di avere qualcuno che pensi quello che pensano loro. È terribile! La paura di dire io, la paura di dire sì al vero.
E allora, un po’ terrorizzati quelli che Lo ascoltavano, chiedono a Gesù: “Allora Gli chiesero: dove Signore accadrà questo?” Dove? Dove accade? E Lui non spiega, ma rilancia con questa immagine un po’ da brivido, un po’ truculenta.
“Dov’è il cadavere, là si raduneranno gli avvoltoi”.
Non c’è nessuno che deve dire ad un avvoltoio dov’è il cadavere: sono fatti per il cadavere. Nessuno deve dire dov’è il Cristo ad un uomo che ha il cuore vivo, non c’è bisogno di dirglielo perché Cristo, se tu Lo riconosci, Gli dici di sì, si diffonde da solo. Diceva Tommaso: “Bonum est diffusivum sui”.
Come diceva questo Salmo: “Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la voce per tutta la terra si diffonde il loro annuncio, ai confini nel mondo il loro messaggio”.
È inesorabile che si diffonda, invece non è inesorabile che io Lo guardi, che Lo riconosca e che Gli dica di sì. Questo è il dramma che accadrà fino alla fine del mondo dentro il cuore del singolo. Il cuore del singolo, vivo, consapevole – ancora con quell’immagine un po’ da brivido – è come lo sguardo dell’avvoltoio Lo sa riconoscere.
Omelia Don Carlo 13 novembre 2019
Omelia 13 novembre 2019
“Non si è trovato nessuno oltre questo straniero”.
Sì perché la fede non è questione di razza, di territorio, di tradizione o di educazione ricevuta. Gli Ebrei sono il popolo educato da Dio, questo [invece] è un Samaritano, uno straniero. Ma la sua fede supera quella degli altri, perché la fede è un atto di libertà della persona e tutti possono credere, posson dire “sì” o “no” a Dio. Ma c’è fede e fede!
Come è la fede di questo Samaritano, straniero, guarito, che inchioda Gesù e Gli fa dire: “Va’, la tua fede ti ha salvato”?
Appunto, la sua è una fede che salva, rende lui più uomo, in lui la fede ha salvato la grandezza, l’audacia del suo desiderio. Agli altri nove è bastata la guarigione, lui [invece] voleva il Guaritore. È questo che lo rende libero: questo desiderio audace, in tutta la sua statura immensa, che fa lo andare… Lo rende libero!
Lui va controcorrente; nove da una parte e lui va da quell’altra. Ecco la fede che stupisce Gesù: è la sua perché è una fede personale, tu incontri quell’uomo e incontri lui, non incontri un gruppo. Solo questa fede realizza nel mondo il miracolo dell’incontro. Con quella persona che ha nel cuore qualcosa di divino che ce l’ha solo quella persona. C’è una luce divina che il Creatore ha consegnato solo a lui, che brilla solo nei suoi occhi. C’è una musica, una bellezza che nel mondo la suona solo lui, la esprime solo lui. C’è un sentimento che vibra solo in lui e tu lo provi abbracciando solo quell’uomo lì.
Questa è la fede che esalta Gesù.
Omelia Don Carlo 11 novembre 2019
Omelia 11 novembre 2019
“È inevitabile che avvengano gli scandali”.
Perché tutti siamo tentati dallo scandalo e rischiamo di scandalizzarci. “Scandalo” è l’esca, una trappola, un particolare che ti intrappola, ti imprigiona, ti toglie libertà e respiro e tu ci muori dentro. È una cosa piccola che a volte è bella e ti intrappola attirandoti, trascinandoti, diventando tutto. Oppure è una cosa brutta, che ti fa fuggire in modo cieco, spaventandoti e tu ti rifugi e sei intrappolato in quel rifugio.
Bello o brutto, lo scandalo è una cosa che diventa il tuo carcere. Tu sei fatto per la grandezza e non per la piccolezza, ci affoghi dentro!
Quando noi ci sentiamo affogare in qualcosa, incarcerati, è perché siamo scandalizzati. Gesù lo dice in un modo ancora più brutale, ostico alla nostra sensibilità politicamente corretta. Dice il Vangelo che lo scandalo è come uno che venga gettato in mare con una macina al collo. Terribile come immagine: Gesù non le manda a dire. Quella macina che ti fa affogare è quel particolare su cui ti sei fissato, hai assolutizzato, come se quello fosse tutto. E quando ti metti a fare la guerra per un particolare, ti toglie il respiro.
Allora la domanda decisiva è: dove, come ritrovo l’orizzonte della grandezza quello che mi fa respirare, libero? Pensa ai momenti in cui hai respirato libero e capisci la strada per ritrovarlo.