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Omelia Don Carlo 14 ottobre 2019
Omelia 14 ottobre 2019
“Questa è una generazione malvagia perché cerca un segno”.
Ma che male c’è a cercare un segno? Senza segni non si può credere. Non si vive senza segni. L’animale vive di cose, ma l’uomo vive di segni. L’uomo non vive di solo pane, ma di ciò che vien da Dio ed è segno di Dio. Ma questa generazione è malvagia perché e non le sarà dato alcun segno, perché qui c’è uno più grande di Salomone e più grande di Giona.
Il dramma è che questa generazione non vuole un segno grande, ma ne vuole uno più piccolo, a sua misura che non le chieda di convertirsi. Un segno che riempia i suoi progetti, che le sistemi un po’ meglio le cose della vita, ma che non cambi la vita.
Questa generazione è malvagia perché pensa che la felicità è sistemarsi la vita, secondo la propria idea, secondo la propria misura. E invece la felicità non è sistemar la vita, sistemarsi le cose, come pensiamo noi; la felicità è ospitare Dio dentro la vita. E Dio, proprio perché è Dio – mistero, insondabile, infinito -, spacca tutto. D’altronde un Dio che non spacca tutto, un Dio a nostra misura è un ben povero Dio. Quello che riempie le mie aspettative.
È che Dio non ce li fa mai mancare i segni, i grandi segni di cui abbiamo bisogno, e ce li dà più grandi di quelli che noi chiediamo. Ci dà dei segni attraverso cui Lui può entrare dentro la vita, che Lo rendono presente. E noi invece diciamo che Dio non ci ascolta, che non ci dà nessun segno, che non ci dà quelli che vogliamo noi, che sono piccoli, che sono meschini. Perché a noi non interessa la conversione del cuore ci interessa solo di sistemarci la vita anche con qualche… – come si dice quando “uno ci mette il pepe e il sale” – magari con qualche segno divino che dia un po’ di sapore religioso ma di fatto la minestra ce la vogliamo cucinare noi. La malvagità di questa generazione è che preferisce il comodo al vero, cioè che è meschina.
Omelia Don Carlo 11 ottobre 2019
Omelia 11 ottobre 2019
“Allora gli domandavano un segno dal cielo”, cioè un segno che viene direttamente da Dio e che dimostra Dio. Quindi che ti convince e basta. Un segno a cui tu non puoi dire di no. Ecco, questo mai! Perché Gesù vuole il contrario di questo.
Vuole che tu gli possa sempre dire “no”. Ti vuole libero, perciò non ti vuole convincere, ti vuole avvincere. Perché si convince con le buone, con il ragionamento, ma si avvince solo con la bellezza è con l’amore, e si dà all’altro lo spazio perché possa dire di “no”.
Gesù, prima di uno scienziato e un filosofo, è un innamorato. E all’amante vero, a Gesù, importa solo un “sì” libero, non ha gusto ad un “sì” che sia in qualche modo costretto, anche solo psicologicamente.
Chi forza, chi è impaziente è uno che non ama la libertà. È per questo che Gesù non dà mai segni dal cielo, dà solo segni sulla terra. Cioè ti offre la possibilità di esperienze umane inspiegabili all’umano. Son così umano, che normalmente non accadono. Lì c’è qualcosa di più umano.
Son proprio le esperienze che stamattina ci portano qui a celebrare. Se non le avessimo fatte non saremmo qui. Siamo qui a cercare Dio, in Gesù, perché abbiamo vissuto qualcosa sulla terra, di umano, di terreno che ci ha fatto pensare a Lui.
E domandiamo che anche noi diventiamo questo segno umanissimo, terreno per tanti.
Un segno proprio sulla terra, che siamo umani, reali, che viviamo la vita reale in un modo così umano, così terreno che faccia pensare al Creatore dell’uomo e della terra. Questa è la sfida del cristianesimo, per uomini che vogliono vivere fino in fondo la vita umana e la vita terrena.
Omelia Don Carlo 10 ottobre 2019
Omelia 10 ottobre 2019
“Io vi dico: chiedete e vi sarà dato”.
Ed Io di questo son certo che Dio esaudisce perché ho chiesto e sono stato esaudito per ben di più di quello che immaginavo. Come nel Getsemani ho
chiesto di evitare la croce e mi è stata data la Resurrezione, l’eternità.
Una risposta ben più grande della mia domanda.
Invece a noi succede il contrario. Quante volte mi sento dire: “Ah io
chiedo, chiedo, ma non mi ascolta. Sono deluso da Dio perché forse chiedo troppo”.
Scemo, è il contrario! Sei deluso perché chiedi troppo poco. Hai un desiderio e una domanda così meschini che ti fissi solo su quel poco che chiedi, non attendi nient’altro che quello, non vedi altro, non ti accorgi della grandezza sconfinata che è stata preparata per te.
Dio vuol darti la Resurrezione e l’eternità come per Gesù ma per te l’eternità è una cosa astratta, pensi che siano concrete le cose. Ma concreto è ciò che ti prende tutto, le cose in se stesse senza la prospettiva dell’eternità, non ti prendono, ti annoiano e ti deludono immediatamente. Quello che ci delude non è mai Dio è la nostra meschinità
che ci fa sentire delusi. Come dice l’orazione iniziale che diceva:
“Esaudisci la preghiera che è aldilà di ogni desiderio e di ogni merito”.
Siccome noi desideriamo poco, poco, poco allora siamo lì fissati e non vediamo il panorama che abbiamo di fronte. Veramente Cristo ogni mattina mi
scaravolta tutto!
Omelia Don Carlo 6 ottobre 2019
*Omelia 06 ottobre 2019*
“I discepoli dissero a Gesù: «aumenta la nostra fede»”
Perché era evidente, guardandolo, che il segreto di quell’uomo era la sua fede. Se lo volevano capire, dovevano capire la sua fede.
Se si fermavano ad analizzare il suo carattere (è fatto così, è fatto cosà), o peggio, gli ascendenti astrali, non ci avrebbero capito nulla. Perché la fede non cambia il carattere, il temperamento, ti tieni quello. Sei fatto così e reagirai sempre così. La fede non interviene su quello, sul meccanismo. La fede cambia la coscienza, non il carattere. La coscienza è: cosa dico quando dico: “io” penso, “io” sono, “io” voglio. Questa è la fede: interviene sulla coscienza, fa splendere quello che c’hai dentro.
La fede di Gesù era la coscienza di Gesù. Che cosa gli cambiava a Lui? Se aveste un grano di fede direste a questo gelso: “sradicati, piantati in mare” e vi obbedirebbe. Questa è la fede di Gesù. È una coscienza che sposta gli alberi, sposta le montagne. Non materialmente, non è mica una MMT, una Macchina Movimento Terra, su cui lavoravo da giovane, (i trattori, le ruspe, i camion) non è che sposta le cose nello spazio. Le sposta nel pensiero, le mette al suo posto dentro la testa. L’uomo di fede pensa le pensa le cose come le pensa Dio. E son tutte al loro posto, bellissime, tutte sono preziose, non ce n’è una da buttare. Quando c’hai qualcosa da buttare nella vita, che non sopporti, è che ti manca la fede. Vedi le cose, appunto, come i miei poveri occhi.
Per questo che la fede è l’esperienza più entusiasmante, cioè che ti cambia la faccia. Lo dice anche Paolo al suo giovane amico Timoteo:
“Ricordati che Dio non ci ha dato, a me ed a te, uno spirito di timidezza.”
Ma non è una timidezza psicologica. δειλίας vuol dire essere intimoriti, aver timore di qualcuno. Non è il problema di essere timidi, quello non cambia niente, è di aver paura dell’altro, è un problema di giudizio. Ecco, l’uomo di fede… dice Paolo: “A noi non ci intimorisce niente e nessuno, perché noi abbiamo coscienza, per l’incontro con Cristo, di chi siamo davanti a Dio.” E davanti agli altri non ce ne importa nulla, di chi noi siamo per gli altri. Ci importa chi siamo davanti a Dio. E ci importa degli altri. Non chi siamo noi per loro, ma chi sono loro per noi. Siamo noi che diciamo loro chi sono, non loro a noi. Un cristiano non si lascia dire chi sono io, lo dice lui agli altri: Tu sei il Dio con me. La tua vita è grande come la mia. C’è una sola differenza: la coscienza. Io lo so, tu non lo sai. E questo _gap_ di coscienza non mi spinge a sentirti nemico o infedele, anzi, mi fa venir voglia di amarti, mi strugge di tenerezza per te. Un cristiano non ha nemici. Per tanti è nemico, ma per lui nessuno è nemico, non li teme quelli che sono diversi, che lo minacciano. Perché quando tu temi uno, non è perché lui è più forte di te, è perché tu sei più debole di lui nell’amore. È più debole l’amore per lui. Nella conoscenza, sei tu che non lo guardi come lo guarda Dio, e non lo ami così.
Ecco, qui nasce un uomo libero. È un uomo semplificato, positivo. La fede non ci complica la vita, bastiamo noi a complicarcela. Ecco, questa è la fede che sposta gli alberi e che sposta le montagne.
Dove insorge in noi questo balenare di luce di libertà? Dov’è la scintilla della fede, e qual è il combustibile e il comburente che la rende fiammeggiante, la rende fervida, la rende soprattutto liberante. E questo non lo puoi chiedere all’omelia, lo devi chiedere alla testimonianza di chi ti pare che viva di questa fede.
Omelia Don Carlo 4 ottobre 2019
*Omelia 04 ottobre 2019*
“Non chiamate nessuno maestro o padre sulla terra”.
Per voi maestro o padre è uno solo, nel cielo. Ma noi ne abbiamo tanti di maestri e di padri sulla terra e ci sono cari, sono preziosi per il nostro cammino perché sono segni del maestro e del padre del cielo.
Cosa cambia, che differenza fa – nell’esperienza – se è un maestro e un padre della terra o se è sulla terra, ma segno di quello del cielo?
Chiarissimo questo Salmo 15: “Sarà gioia piena alla Tua presenza”.
Se il maestro e il padre che hai in terra è segno di quello del cielo ti mette davanti a quello del cielo, allora per te, nel rapporto con lui, ci sarà gioia piena, come davanti a Te.
Se invece la gioia non è piena, se ne manca un po’, manca anche solo un briciolo di gioia e tu non ci stai tutto intero, per stare in quel rapporto devi perdere dei pezzi di te. Se non ti senti abbracciato, valorizzato totalmente nella tua umanità, quello non è un segno di quello del cielo, ma è un sostituto di quello del cielo, perché umanamente è impossibile che questo accada.
Mai sulla terra un uomo può abbracciare totalmente un altro uomo. Mai in un abbraccio naturale tu ci puoi stare intero, mai ci può essere la gioia piena.
C’è un punto di solitudine, di incomprensione, ma se accade – quando hai il brivido, l’impressione che in quel rapporto accade che tu ci puoi stare tutto intero, che non devi lasciar fuori nulla di te, vuol dire che quel rapporto è segno del maestro e del padre che è nel cielo. Sembra difficile da distinguere se ti ci metti a pensare e analizzar tutto, non capisci. La psicologia ti complica. Ma se io ti chiedo: “tu sai distinguere il segno, cioè un abbraccio dal disagio?”. E allora lo capirai sempre.